La Carbossiterapia

Carbossiterapia

La Carbossiterapia è una delle principali tecniche iniettive utilizzate da decenni non solo in medicina estetica ma anche nella cura di patologie venose e di deficit circolatori.
Per carbossiterapia si intende l’utilizzo dell’anidride carbonica (sostanza naturalmente già presente all’interno del nostro corpo e che utilizziamo per la respirazione) allo stato gassoso a scopo terapeutico e si tratta di una metodica che nasce in Francia, presso la stazione termale di Royat (Clermont-Ferrand) nel 1930 dove venne utilizzata per la prima volta proprio in persone con malattie a carico del sistema venoso.

 

Come Funziona – Cenni di fisiologia e biochimica

Il principio fisico-chimico, sfruttato dalla carbossiterapia, si basa sulla conoscenza del sistema circolatorio e microcircolatorio, secondo cui, per funzionare correttamente si ha la necessità di garantire:

  • corretto apporto di ossigeno;
  • corretto apporto di nutrienti (glucosio, aminoacidi, acidi grassi);
  • rimozione di anidride carbonica (Co2) dai tessuti;
  • mantenimento di un’appropriata concentrazione di svariati ioni nei tessuti;
  • trasporto di diversi ormoni e di altre specifiche sostanze ai tessuti.

Poiché i muscoli lisci dei vasi sanguigni richiedono ossigeno per rimanere in contrazione, maggiore è la concentrazione di ossigeno locale, maggiore è capacità degli sfinteri di contrarsi.
Quando a livello dei vasi la concentrazione dell’ossigeno, le valvole specifiche che regolano il flusso sanguigno chiamati sfinteri precapillari e metarteriole si chiudono, si verifica una riduzione della velocità del flusso ematico tessutale locale. Questa riduzione si mantiene fino a quando le cellule tessutali non hanno consumato l’ossigeno in eccesso, il quale riducendosi nel tempo favorisce l’apertura degli sfinteri precapillari e delle metarteriole, aumentando la velocità del flusso ematico tessutale locale.
L’anidride Carbonica (Co2) è tra i principali fattori locali che regolano il flusso ematico tessutale locale a breve termine, favorendo una vasodilatazione arteriolare e metarteriolare ed una conseguente retrazione delle pareti arteriose, con un aumento della sfigmicità (elasticità) dei vasi.
Tutto questo sta a significare che in assenza di un adeguato apporto di ossigeno (e di altre sostanze nutrizionali)
i vasi arteriosi tendano spontaneamente a dilatarsi.
La carbossiterapia, ovvero la somministrazione dall’esterno di anidride carbonica, serve quindi a riequilibrare la microcircolazione quando la stessa è alterata, favorendo un aumento della velocità del flusso ematico tessutale locale. Tali effetti sono stati ampiamente dimostrati dagli studi scientifici tramite tramite video-capillaroscopia a sonda ottica (VCSO), Laser Doppler Flow e linfoscintigrafia radioisotopica.
Per questo è molto utile in tutti gli stati di stasi linfatica (gambe gonfie e ritenzione idrica, anche grave).
Sempre a livello fisiologico, la carbossiterapia sfrutta un particolare fenomeno chimico fisico chiamato Effetto Bohr.
In pratica, l’emoglobina che circola all’interno del torrente ematico, oltre a trasportare l’ossigeno dai polmoni ai tessuti, trasporta anche ioni idrogeno (H+) e anidride carbonica (Co2) che sono prodotti di scarto del metabolismo, dai tessuti verso polmoni e reni che sono gli organi regolatori dell’eliminazione di questi prodotti (cioè gli organi che purificano il nostro sangue dalle sostanze di scarto).
In pratica, i mitocondri presenti nei tessuti del nostro corpo, ricevono ossigeno (proveniente dalla respirazione) e ne causano l’ossidazione, formando ioni idrogeno e anidride carbonica (insieme ad acqua e altre sostanze), che vengono successivamente trasportati a reni e polmoni per essere eliminati.
La capacità dell’emoglobina di legarsi all’ossigeno oppure all’anidride carbonica è chiamata EFFETTO BOHR (dal suo scopritore) che è essenziale per la vita.
In pratica, in presenza di un’alta concentrazione di anidride carbonica nei tessuti, l’emoglobina cede ossigeno e si prende anidride carbonica per portarla ai polmoni e rene. Viceversa, in presenza di alte concentrazioni di ossigeno a livello polmonare, avviene il contrario.
La carbossiterapia, sfrutta questo principio. La somministrazione di CO2 nel sottocutaneo determina un abbassamento del pH ed un innalzamento della concentrazione dell’anidride carbonica con magiore cessione di ossigeno ai tessuti da parte dell’emoglobina.
Questo significa anche aumentata biodisponibilità di ossigeno per i processi catabolici ossidativi degli acidi grassi (per questo la carbossiterapia può essere utilizzata per la riduzione del grasso localizzato e per il body contouring).
Quando questo avviene, l’emoglobina tende ad eliminare l’eccesso di anidride carbonica dal sangue, attraverso un processo denominato effetto Haldane.
L’eliminazione dell’anidride carbonica dal sangue, avviene grazie soprattutto ad un particolare enzima presente nei globuli rossi denominato anidrasi carbonica che catalizza la reazione tra l’anidride carbonica e l’acqua aumentando la velocità di tale reazione di 5000 volte.
Per questo, la carbossiterapia è sconsigliata a tutti i soggetti che fanno terapie a base di inibitori dell’anidrasi carbonica (ovvero farmaci diuretici spesso utilizzati nella terapia del glaucoma).

La carbossiterapia funziona?

Questa è una di quelle domande che spesso vengono poste al medico che utilizza la carbossiterapia, essendo una terapia a basso costo e poco invasiva.
Parlare in generale di questa metodica, riducendo il quesito al fatto che essa possa o meno funzionare ha poco senso. Infatti la tecnica utilizzata, il dosaggio e la velocità di flusso, modificano notevolmente l’efficacia del trattamento e gli esiti dello stesso. A seconda della problematica e della zona trattata, variano moltissimo le quantità di anidride carbonica insufflata, i dosaggi terapeutici e le velocità di flusso, oltre al numero di siti di inoculo dell’ago.
Oggi moltissimi medici utilizzano la carbossiterapia, spesso con risultati completamente contrastanti. Personalmente utilizzo questa tecnica da anni e con risultati ottimi e in alcuni casi molto più che soddifacenti. Naturalmente è bene puntualizzare alcuni concetti.
Si tratta di una terapia che richiede oltre che una buona manualità, anche la conoscenza delle tecniche e soprattutto una corretta diagnosi. Prescrivere e praticare una qualsiasi terapia ad un paziente senza una reale diagnosi significa non svolgere bene la professione medica. Viene spesso utilizzata in ambulatori di chirurgia plastica o medicina estetica senza alcun senso logico e senza la conoscenza concreta della tecnica. Molti pazienti mi raccontano di metodiche iniettive utilizzate in maniera completamente sbagliata e quindi inefficaci.
È importante poi sapere che necessita di cicli di terapia. Non bastano pochi trattamenti, ma essi variano a seconda della situazione e della diagnosi, a seguito della quale si stabiliscono anche dosaggi, velocità di flusso, numero di trattamenti e frequenza degli stessi.
Paragonare la carbossiterapia ad altre tecniche non ha senso, poiché ha effetti che non sono simulabili o replicabili da altre terapie estetiche o vascolari.
Si tratta di una apparecchiatura che non solo dovrebbe essere presente in tutti gli ambulatori, ma che DEVE usare SOLO il medico (e questo non sempre avviene). Molto utile è il suo impiego in associazione con la mesoterapia sia antalgica che estetica, oltre che ad altre apparecchiature di medicina e chirurgia estetica, rappresentando la principale terapia per il miglioramento della cellulite (PEFS), trattandosi di un problema soprattutto circolatorio e di conseguenza non risolvibile con liposuzione o aspirazione di grasso sottocutaneo, come spesso praticato da molti chirurghi plastici.

Quali sono le problematiche trattate con la carbossiterapia?

Sono molte le patologie o inestetismi che godono di miglioramenti o risuluzione con questa metodica. Sicuramente è la terapia d’elezione per la cellulite (PEFS), ma il suo impiego è vincente nella cura delle adiposità localizzate, smagliature o in associazione alla liposuzione o laser lipolisi nella terapia del body conturing.
Trova poi grande impiego nella medicina antiaging e rigenerativa, sia nel miglioramento delle rughe del viso, del collo e del decollette, sia nel miglioramento delle occhiaie e delle lassità cutanee (specialmente interno coscia e braccia). Oggi ha trovato una nuova indicazione nel ringiovanimento delle mani e dell’area genitale femminile (anche a seguito di terapie oncologiche).
Il suo impiego in ambito vascolare è conosciuto da diverso tempo, sia nella terapia dell’insufficienza venosa, nelle stasi linfatiche, nella ritenzione idrica ma soprattutto in tutte quelle alterazioni vascolari periferiche come le arteriopatie, la “sindrome delle gambe pesanti”, il fenomeno di reynaud (mani e piedi freddi).
Altre patologie trattate con la carbossiterapia sono inoltre l’alopecia (su base vascolare), l’impotenza sessuale maschile (su base vascolare), il trattamento delle ferite difficili, l’acrocianosi e la psoriasi.
Personalmente utilizzo la carbossiterapia anche in ambito sportivo per facilitare una maggiore circolazione artero-venosa nell’atleta e facilitare il recupero da infortuni muscolari e scheletrici, oltre che a favorire una maggiore ossigenazione e aumento della performance sportiva, in maniera del tutto naturale.
Per questo è sempre importante rivolgersi ad un medico esperto e valutarne le possibili soluzioni a seguito di una corretta diagnosi.
Le sedi di applicazione della carbossiterapia sono praticamente su tutto il corpo (viso, collo, decollette, addome, tronco, arti inferiori e superiori, organigenitali, articolazioni, cuoio capelluto).

Quali sono i principali effetti del trattamento?

  • Migliora l’aspetto a «buccia d’arancia» della cellulite
  • Migliora il senso di pesantezza agli arti inferiori
  • Migliora eventuali edemi agli arti inferiori
  • Migliora la lassità cutanea delle sedi trattate
  • Migliora i volumi delle sedi trattate
  • Migliora l’idratazione delle sedi trattate
  • Migliora la luminosità delle sedi trattate
  • Migliora il tono (compattezza)
  • Migliora le rughe profonde e superficiali del volto
  • Migliora l’edema palpebrale

Ha effetti collaterali?

Possiamo dire sicuramente che si tratta di una metodica sicura e priva di effetti collaterali, sebbene sia utile rispettare alcune controindicazioni.
Oggi chi pratica la carbossiterapia si avvale spesso di protocolli, spesso forniti dalle stesse aziende produttrici e corsi di formazione e aggiornamento. Al di la della qualità e della quantità di miglioramenti ottenuti, che dipendono molto dalle tecniche utilizzate e dall’esperienza del medico che la pratica, la carbossiterapie migliora notevolmente la qualità della pelle e del derma, aumenta l’elasticità della pelle e non è assolutamente tossica per l’organismo, rispettando le giuste quantità iniettate che variano a seconda del paziente trattato.
Vi possono essere alcuni effetti collaterali a seguito del trattamento come un leggero dolore nella sede di inolculazione dell’ago (che scompare nel giro di pochi minuti), una leggera sensazione di intorpidimento dell’arto o della zona trattata (anche questo transitorio) e una sensazione di crepitio sottocutaneo, dovuto allo scollamento della cute dal sottocutaneo e al riempiemento transitorio con l’aria e l’anidride carbonica definito “effetto di neve schiacciata” (che scompare subito dopo la fine del trattamento).
Naturalmente gli effetti collaterali vengono incrementati dall’inesperienza del medico, dai criteri con cui si effettua il trattamento e dalla conoscenza dell’apparecchiatura e delle tecniche.

Ci sono controindicazioni?

Come molti altri trattamenti di medicina estetica, la carbossiterapia non viene praticata in gravidanza e in allattamento, dato che non ci sono studi scientifici in merito che ne attestano la sicurezza, oltre che in pazienti con un tumore in atto o patologie gravi in atto.
In particolare, è controindicato il suo utilizzo anche in bambini, per la presenza di ftalati nei tubi di uscita di erogazione del gas medicale.
La visita medica prima di effettuare un trattamento è importante e serve ad escludere la presenza di problematiche che possano rappresentare una controindicazione relativa (consigliata ma gestibile dal medico a seconda della situazione del paziente) o assoluta al trattamento.

Tra le controindicazioni assolute (cioè il paziente non deve effettuare il trattamento) abbiamo:

  • tromboembolie acute
  • grave insufficienza renale
  • grave ipertensione
  • scompenso cardiaco conclamato
  • insufficienza respiratoria, epatica, renale o cardiaca croniche
  • terapia con inibitori dell’anidrasi carbonica
  • gangrena gassosa
  • Terapia con acetazolamide, diclofenamide
  • Diabete scompensato

Le condizioni che invece vanno valutate dal medico sono la presenza di un pregresso infarto del miocardio, angina instabile, tromboflebite acuta, condizioni di forte ipotensione, pregressi TIA (ischemie), anemia grave, trattamento con metformina, diabete compensato.La metformina, specie negli anziani e nei soggetti affetti da insufficienza renale cronica, può causare un’acidosi lattica sistemica. Somministrare CO2 in tali casi potrebbe aggravare una eventuale situazione di acidosi sistemica; quindi, è bene evitare di somministrare CO2 a pazienti diabetici che assumono metformina o altre biguanidi. Il diabete mellito è una controindicazione per le possibili situazioni di chetoacidosi (abbassamento del ph del sangue conseguente alla presenza di anidride carbonica) che si possono verificare nel corso di tale patologia.
Sarebbe poi utile fare il trattamento non a digiuno, poiché questo potrebbe comportare un abbassamento ulteriore della glicemia e causare svenimento o capogiri, specie in persone ipotese.
Stessa cosa in presenza di stress acuti o stati di agitazione, per stimolazione eccessiva di cortisolo.

Servono particolari accorgimenti dopo il trattamento?

Non occorre nessun accorgimento o medicazione domiciliare dopo il trattamento. La metodica consente una socialità piena e non comporta astensione dalle attività lavorative.
E’ una metodica sicura, veloce, crea altissima soddisfazione del paziente, non è influenzata dalla stagionalità (va bene anche d’estate) ed è associabile ad altre metodiche (filler, biorivitalizzanti, peeling, laser, tossina botulinica,
cavitazione) potenziandone gli effetti nell’ambito di protocolli di trattamento combinato.

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Dott. Antonio Pacella
Medico Chirurgo
Specialista in Scienza dell’Alimentazione
Esperto di Carbossiterapia e Mesoterapia