Molti conoscono la vitamina D come importante regolatore del metabolismo del calcio utile per la calcificazione delle ossa. La ricerca scientifica negli ultimi anni però si è concentrata molto sul suo ruolo nella prevenzione e cura del tumore al seno. In particolare sembra che un adeguato livello di vitamina D riduce l’aggressività dei tumori o delle recidive ed incrementa le probabilità di sopravvivere. Nonostante la grande enfasi che si è creata intorno a questo importante nutriente, non bisogna trarre conclusioni affrettate, spesso conseguenza di correlazioni statistiche mosse dal marketing del momento e dalla grande spinta commerciale legata agli integratori alimentari.
Cosa hanno dimostrato gli studi più recenti?
Un recente studio pubblicato su Jama Oncology però mostra una riduzione del 30% di tutte le cause di mortalità associate con ottimali livelli di vitamina D. Nelle donne con diagnosi di cancro al seno, elevati livelli sierici di vitamina D possono essere legati a una maggiore probabilità di sopravvivere. Un recente studio italiano di tipo osservazionale prospettico (quindi uno studio che però presenta diversi limiti) effettuato su più di 200 donne, ha trovato una correlazione tra livelli insufficienti di vitamina D e un tumore al seno più aggressivo, ovvero con linfonodi positivi del tumore al seno alti e spesso in presenza di obesità. Abbiamo già discusso questo fattore nell’articolo Affamare il tumore. Sono diversi gli studi presenti nella letteratura scientifica degli ultimi 5-10 anni. La maggior parte delle correlazioni tra il cancro al seno e la vitamina D hanno dato però risultati contrastanti. E si sa ancora poco soprattutto circa il legame tra la vitamina D e specifici sottotipi di tumore al seno istologicamente definiti. In studi di laboratorio però la vitamina D ha dimostrato di svolgere attività potenzialmente in grado di prevenire o rallentare lo sviluppo del cancro, in quanto rallenta la crescita delle cellule e la formazione di vascolarizzazione del tumore, inducendo morte delle cellule (apoptosi).
Cosa è la vitamina D?
La vitamina D è una vitamina liposolubile che assumiamo con l’alimentazione e che promuove l’assorbimento del calcio da parte dell’organismo. Essendo solubile nei grassi, viene accumulata nel fegato e in tutti i tessuti grassi del corpo, i quali la rilasciano a piccole dosi quando è necessario. Nel corpo umano, la Vitamina D è presente in 5 diverse vitamine (vitamine D1, D2, D3, D4 e D5), di cui le più importanti sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo). Possiamo considerare tale vitamina una sorta di ormone, in quanto le sue funzioni sono simili a questi. La D3 è la forma naturalmente presente nei Mammiferi. La D2 è 50-100 volte meno attiva e si forma in seguito all’esposizione alla luce ultravioletta dell’ergosterolo, la forma provitaminica di origine vegetale. La sintesi della vitamina D3 avviene invece in seguito all’esposizione alla luce ultravioletta del 7-deidrocolesterolo, un precursore del colesterolo che viene sintetizzato a livello dell’epidermide a seguito dell’esposizione solare. Si tratta quindi in entrambi i casi di forme inattive della vitamina D e pertanto è necessaria un’attivazione che avviene nel fegato e nei reni. All’interno del corpo, il colecalciferolo (D3) si trasforma in 25(OH)D, e nel rene in 1,25(OH)D (calcitriolo) che è la componente attiva, e in 24,25(OH)D, una forma inattiva. Circa il 20-30% della vitamina D3 viene assunta attraverso l’alimentazione. Non sono state svolte indagini specifiche sui livelli di assunzione della vitamina D nella dieta italiana, ma solo pochi alimenti, tutti di origine animale, contengono quantità significative di questa vitamina.
Quali alimenti contengono vitamina D?
Tra gli alimenti che contengono maggiore quantità di questo nutriente abbiamo l’olio di fegato di merluzzo, unico alimento ricchissimo anche se nella nostra alimentazione non viene abitualmente consumato, mentre quantità molto minori sono presenti soprattutto in pesci grassi come aringhe, tonno, alici, pesce spada, trota e salmone oppure nelle uova, tenendo presente che un uovo pesa circa 50-60 grammi. Tra le carni solo il fegato di maiale o vitello può raggiungere 1,5-2 µg/100g, mentre per i formaggi grassi siamo sempre sotto 1 µg/100g. Secondo le tabelle dei Livelli di Assunzione Raccomandata (LARN), la necessità giornaliera con gli alimenti è di circa 10 µg per tutte le fasce di età, ovvero 400 UI di colecalciferolo (1 µg = 40 UI).
Alimento | Quantità di Vitamina D ogni 100g |
---|---|
olio di fegato di Merluzzo | 210 µg |
Aringhe | 19 µg |
Tonno | 16 µg |
Alici, Pesce Spada | 11 µg |
Trota | 10 µg |
Salmone | 8 µg |
Uova | 2 µg |
Fegato di maiale o vitello | 1,5-2 µg |
Formaggi grassi | < 1 µg |
1 µg = 1 milionesimo di grammo |
Con una corretta alimentazione, anche nei vegetariani, con l’inserimento di uova e formaggi, è possibile raggiungere livelli adeguati di vitamina D con l’alimentazione, sebbene l’alimentazione onnivora, con l’introduzione di pesce (ad esempio anche nell’alimentazione pesco-vegetariana) fornisca maggiori garanzie. Non è comunque necessario mangiare tutti i giorni cibi contenenti vitamina D, dato che essendo una vitamina liposolubile, si accumula nel fegato e nei tessuti più grassi. Tra l’altro, nei mesi estivi la sovrapproduzione di vitamina D ne consente l’accumulo, così che la si possa avere a disposizione anche durante il periodo invernale. Gli individui che non si espongono alla luce solare possono presentare spesso livelli di 6-8 ng/ml, mentre una prolungata esposizione (ad esempio alla fine dell’estate) ha rilevato anche valori di 80 ng/ml in soggetti adulti sani. Per questo andrebbe integrata solo in situazioni particolari, legate alla crescita, alla gravidanza e all’allattamento, dove c’è una maggiore necessità di 400 UI al giorno.
Quali sono i livelli normali di vitamina D nel sangue?
Nella valutazione dello stato di nutrizione, in genere si misura la quantità di 25(OH)D nel plasma. I valori normali nell’adulto sono:
- carenza: <10 ng/ml
- insufficienza: 10 – 30 ng/ml
- sufficienza: 30 – 100 ng/ml
Alcune stime realistiche che combaciano con la mia pratica clinica, riportano che almeno il 50% della popolazione mondiale sia carente di questo
nutriente. Inoltre, livelli inferiori a 30 ng/ml sono stati associati a rischio fratture, cancro, disfunzioni del sistema immunitario, malattie cardiovascolari ed ipertensione. Quale è il nesso tra il sole e la vitamina D? Circa il 70-80% del fabbisogno di vitamina D è garantito dall’irradiazione solare. Per questo è certo che l’esposizione al sole (naturalmente proteggendosi con appositi schermi e creme solari), ha un grande potere di prevenire diversi tipi di tumore. Basti pensare che la carenza di questa vitamina è associata ad un numero maggiore di neoplasie, ritrovando questa condizione clinica molto spesso in donne malate di cancro al seno. Cosa significa questo? La sedentarietà e la riduzione del tempo passato all’aria aperta della nostra società, oltre a causare un maggior numero di malattie dovute proprio allo scarso movimento (oltre che ad un’alimentazione scorretta, della quale abbiamo parlato in precedenti articoli), determina un maggior numero di tumori dovuto alla maggiore esposizione alla luce artificiale, cosa che in passato, fino all’età contadina difficilmente avveniva. Basti pensare che oggi abbiamo una maggiore frequenza di malattie quali l’osteoporosi e la malnutrizione dell’anziano, come conseguenza dello stile di vita “moderno”. Molte persone passano intere giornate in ufficio, fabbriche, ambienti chiusi o in casa, lontano dalla luce solare, soprattutto nella stagione invernale, producendo meno vitamina D, esponendosi ad un maggior rischio di tumori come quello al seno. La luce solare è formata dagli UVA ovvero le radiazioni maggiormente responsabili dei tumori della pelle da cui dovremmo proteggerci, in quanto causano il danno da radicali liberi e sono costanti durante tutte le ore di luce, tutto l’anno e dagli UVB, che sono scarsi al mattino e alla sera, mentre maggiori a metà giornata. Esporsi a questa ora, tutto l’anno (anche in inverno) e con le dovute precauzioni, necessita di pochi minuti (meno di 20) per la maggior parte delle persone di razza caucasica (di fototipo 3), fino a quando la pelle inizia ad arrossarsi, ad esempio su viso, mani, braccia e gambe. Naturalmente più scura è la pelle del corpo, maggiore deve essere il tempo di esposizione per poter convertire la vitamina D inattiva in una forma attiva. Alcune stime riferiscono come in passato, soprattutto nel paleolitico ma anche nel neolitico e fino alla metà del secolo scorso, soprattutto in individui dediti alla pastorizia, alla pesca e all’agricoltura, livelli normali superiori ai 10.000 UI al giorno da esposizione solare (va però tenuto conto come pastori, pescatori e contadini erano maggiormente esposti a tumori della pelle). I benefici dell’esposizione solare non si fermano solamente alla vitamina D. Diversi studi hanno anche indicato una diminuzione dei livelli di colesterolo (totale, HDL ed LDL), fenomeno che in caso di supplementazione non avveniva, anzi al contrario, in alcuni casi è addirittura aumentato. E’ necessaria e utile l’integrazione di vitamina D nella prevenzione tumorale? Abbiamo detto che il fattore protettivo principale per il tumore è l’esposizione solare, dato che solamente circa 1/3 della vitamina D proviene da fonti alimentari. Questo significa che bisogna comunque curare l’alimentazione e prendere in considerazione l’integrazione solamente quando è necessario sostituire il cibo con una compressa. Raggiungere una quota giornaliera di 400 UI di vitamina D non è una cosa impossibile ed in linea con una corretta alimentazione, tenendo conto che non è necessario raggiungere tale quota quotidianamente, dato che questo nutriente, essendo liposolubile si accumula nel fegato. È molto importante invece misurare la quota di 25(OH)D nel sangue prima di valutare qualsiasi integrazione. Purtroppo la moda della vitamina D come altri integratore ha preso piede soprattutto nelle palestre e oggi viene consigliata o addirittura venduta da personal trainer e istruttori oppure figure non mediche, che oltre a commettere abuso della professione medica espongono molte persone a tossicità (nel lattante >1600 UI, nel bambino >2600-300 e adulto > 4000 UI al giorno) o a spese del tutto inutili. L’eccesso di vitamina D può provocare una calcificazione diffusa a livello dei vari organi, con conseguente vomito, diarrea e spasmi muscolari.
Piuttosto è importante esporre anche i più piccoli in estate alla luce del sole e possibilmente tutti i giorni dell’anno, con le dovute precauzioni. Basti pensare che in estate, circa 30 minuti di esposizione solare (tra le ore 10 e le 12) di una persona con carnagione chiara produce 10-20.000 UI di vitamina D. Pertanto supplementazione ed esposizione non sono “la stessa cosa” come suggeriscono molti esperti.
Se il medico, fatte le opportune valutazioni (solo il medico può prescrivere! e, comunque in farmacia, per acquistare la vitamina D serve la ricetta!), ritiene utile una supplementazione, è possibile assumerla sotto forma di compresse o di gocce, partendo e cercando di non superare le 4000 UI al giorno (es. nei vegani).
Tenete comunque presente che secondo i risultati di altre ricerche, per il tumore al seno, l’assunzione di integratori a base di vitamina D non sembra conferire alcun effetto protettivo. E sulle altre patologie i dubbi sulla reale efficacia sono troppi.
Riferimenti
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